Da Il Ticino, 23 aprile 2021
Il lavoro agile dopo… il lavoro agile
Il governo italiano, con il prossimo “decreto Sostegni”, sembra intenzionato a prorogare ulteriormente la possibilità, per i datori di lavoro, di adibire unilateralmente i dipendenti al lavoro agile, più precisamente al lavoro da remoto (normalmente, svolto presso il domicilio). La scadenza attualmente prevista, infatti, è il 30 aprile e alcune forze politiche premono per un rinvio sino al 30 settembre.
L’adibizione unilaterale è oggi concessa in ragione della situazione emergenziale, al fine di garantire il distanziamento sociale, proteggere la salute delle persone e salvaguardare l’occupazione.
Occorre però ricordare che, al di là della coincidenza del nome, il lavoro agile disciplinato dalla legge n. 81/2017 è altra cosa rispetto a quello praticato nel presente periodo. Si tratta di una modalità alternata di svolgimento della prestazione tra il domicilio e l’ufficio (non, dunque, stabilmente da remoto) e richiede il consenso delle parti. Al contrario, la normativa emergenziale, da un lato, consente appunto ai datori di prescindere dalla volontà dei lavoratori; così come, per converso, garantisce ai lavoratori fragili il diritto di svolgere le mansioni a distanza, se compatibili con la modalità da remoto.
Il tempo rimasto, prima del ripristino effettivo del lavoro agile nella sua forma ordinaria, dovrebbe essere utilizzato per progettare regole che risolvano i problemi evidenziati dalla pandemia. Anzitutto, dovrebbero individuarsi puntualmente le attività che ammettono o meno lo svolgimento da casa. Poi, i diritti di precedenza nel caso di esubero di richieste da parte dei lavoratori, rispetto alle disponibilità aziendali. Con riguardo all’orario di lavoro, se è vero che la prestazione al domicilio consente qualche maggiore flessibilità di gestione del tempo da parte del dipendente, è elevato il rischio di iper-lavoro, agevolato dagli strumenti che permettono la continua connessione tra lavoratore e azienda. Di qui, la necessità di regolare il diritto di disconnessione, meglio se declinato come divieto di inoltrare comunicazioni di lavoro in determinate fasce orarie, affinché il dipendente non si senta costretto a prenderle in carico.
Questi e altri aspetti è bene che vengano regolati, non dalla legge, ma dai contratti collettivi, nazionali e aziendali, al fine di tenere conto delle specificità dei diversi contesti produttivi.
Marco Ferraresi