Di seguito le slide utilizzate al corso di formazione di LineaPA (Bologna, 14.3.2019) sul tema del rinnovo del CCNL del Comparto Istruzione e Ricerca:
qui in tema di rapporti sindacali
qui in tema di contratti di lavoro
qui in tema di potere disciplinare
qui in tema di ferie e permessi
venerdì 15 marzo 2019
mercoledì 13 marzo 2019
Lavoro intermittente: slide
Qui le slide utilizzate oggi in una lezione agli studenti, in tema di lavoro intermittente
venerdì 8 marzo 2019
Lavoro autonomo: slide
Qui le slide in tema di lavoro autonomo, utilizzate ieri al corso di perfezionamento in diritto del lavoro dell'Università di Pavia
sabato 2 marzo 2019
Mio commento ai dati Istat sul lavoro dell'1 marzo 2019
Di seguito il mio commento sui dati Istat sul lavoro in Italia dell'1 marzo 2019, pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana (v. qui)
Decreto dignità insufficiente: l'occupazione ristagna
Ieri, 1 marzo, l’Istat ha reso
noti i dati mensili su occupati e disoccupati in Italia, con riferimento al
mese di gennaio 2019. Si registra, rispetto a dicembre, un aumento degli
occupati dello 0,1%, mentre il tasso di occupazione resta invariato (58,7%). I
contratti a tempo indeterminato aumentano dello 0,4%, mentre calano sia i
rapporti a tempo determinato (- 0,4%) sia i lavoratori indipendenti (- 0,4%).
Il numero dei soggetti in cerca di occupazione è in lieve crescita (+ 0,6%),
mentre il tasso generale di disoccupazione resta fermo al 10,5%. I dati
positivi riguardano gli uomini, mentre sono perlopiù di segno negativo per
donne e giovani.
Guardando alle variazioni su base
trimestrale, l’Istat riferisce un calo occupazionale dello 0,1% nel trimestre
novembre 2018 – gennaio 2019, rispetto al trimestre precedente. Tuttavia, nel
medesimo periodo, vi è un aumento delle persone in cerca di occupazione (+1,3%)
e un calo degli inattivi (- 0,4%). Si conferma, anche su base trimestrale,
l’aumento dei contratti a tempo indeterminato e la diminuzione di quelli a
termine, nonché dei lavoratori indipendenti.
Su base annua, invece, gli
occupati crescono dello 0,7% (sebbene la variazione sia negativa nella fascia
15-34 anni), soprattutto in forza del maggior numero di dipendenti a termine e,
in misura minore, di dipendenti a tempo indeterminato e indipendenti. Pure su
base annua si ha una diminuzione degli inattivi, oltre che dei disoccupati.
Sono dati certo non brillanti,
specie se si considera che il riscontro dell’Istat sull’andamento del PIL
(rivisto per il 2018 da +1% a +0,9%), sul debito e sul deficit lasciano
presagire un futuro prossimo preoccupante per l’economia, che non potrà non
avere ricadute occupazionali.
Di primo acchito, potrebbero
invece interpretarsi positivamente l’aumento dei contratti “stabili” e la
diminuzione di quelli “precari”. Di recente, il ministro del lavoro Luigi Di
Maio ha ricollegato tali effetti alla riforma dei contratti di lavoro a termine
e in regime di somministrazione, di cui al “decreto dignità” (decreto legge 12
luglio 2018, n. 87, convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96).
Per il vicepremier, infatti,
l’incremento dell’occupazione a tempo indeterminato proverebbe il successo
della riforma, finalizzata a comprimere l’utilizzo dei contratti precari
mediante una minore durata massima tra medesimi datore e lavoratore (ridotta da
complessivi 36 a 24 mesi), l’obbligo di indicare nel contratto causali
oggettive particolarmente selettive (oltre i 12 mesi e comunque in caso di
rinnovo del rapporto), diminuendo le proroghe consentite (da 5 a 4). Auspicio
del provvedimento normativo è, appunto, di costringere le imprese a stipulare contratti
di lavoro subordinato a tempo indeterminato in luogo di quelli a termine.
Ma una lettura più attenta di
tutti i dati statistici disponibili raffredda gli entusiasmi. Non solo perché,
come visto, l’occupazione comunque ristagna: il che dimostra, molto
semplicemente, come la trasformazione in contratto stabile di qualche rapporto
a termine in più non determina necessariamente benefici generali sul piano
occupazionale. Ma pure perché il numero dei contratti a tempo indeterminato,
anche se in crescita, pare perlopiù rallentare.
E’ ciò che si desume dalla
lettura dei dati Istat unitamente a quelli forniti, pochi giorni fa,
dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps con riguardo al 2018. A differenza
dei dati Istat, relativi appunto al numero di occupati e disoccupati, quelli
dell’Inps sono “dati di flusso”, riferiti cioè al numero delle assunzioni e
delle cessazioni di rapporti di lavoro. Ora, dai dati Inps emerge che a
dicembre 2018 il saldo netto dei contratti a tempo indeterminato (tra nuove
assunzioni, trasformazioni e cessazioni) è risultato negativo di circa 35.000
unità; che le assunzioni a tempo indeterminato sono state poco più di 665.000
nel primo semestre 2018, mentre nel secondo semestre sono diminuite di circa
100.000 rispetto al primo; che, in proporzione analoga, sono diminuite le
assunzioni a termine.
Più in generale, il secondo
semestre del 2018 ha registrato in termini occupazionali un andamento negativo
rispetto al primo, con riguardo sia al numero complessivo delle assunzioni, sia
al saldo tra le assunzioni e le cessazioni. Ancora, il numero di assunzioni
stabili, nell’ultimo trimestre del 2018, è stato sì lievemente superiore
rispetto al terzo (+ 1% circa), ma è diminuito di circa il 10% rispetto al
secondo e del 19% rispetto al primo. Analogamente, si registra un regresso
delle assunzioni a tempo determinato.
Sembra dunque difficile
dimostrare che il “decreto dignità” – emanato nella seconda metà del 2018 – stia
conseguendo risultati positivi, in termini generali, di stabilizzazione dei
contratti di lavoro. E’ più facile dimostrare, probabilmente, che per aumentare
strutturalmente l’occupazione non occorrono scorciatoie normative, ma,
piuttosto, un serio piano industriale per lo sviluppo del Paese.
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